Tra le antiche tradizioni legate al matrimonio, c’era quella famosa “fuitina“, una pratica diffusa nel passato per sfuggire a matrimoni combinati e voluti dalle famiglie che cercavano miglioramenti economici e sociali.
Due giovani innamorati, desiderosi di sfuggire a un destino imposto e triste, sceglievano di fuggire di casa per realizzare il loro sogno: ribaltare i ruoli e costringere le rispettive famiglie ad accettare il loro amore.
Ma come ogni scelta, anche la “fuitina” aveva delle conseguenze, soprattutto per la donna. La ragazza che fuggiva con il suo amato veniva giudicata come peccatrice, perdendo ogni diritto: la sua famiglia non era più obbligata a contribuire alle spese matrimoniali né a fornire la dote.
I due fidanzati dovevano trovare supporto da qualcuno e organizzare al meglio la fuga d’amore, evitando che i genitori li trovassero e spezzassero il loro sogno. Spesso, occorreva trovare il luogo perfetto dove trascorrere i tre giorni necessari per consumare il matrimonio, i tre giorni che sembravano eterni per le rispettive famiglie, temendo ogni tipo di incidente o disgrazia.
La scoperta della fuitina rappresentava un dramma, scatenando la collera della madre e una furiosa gelosia del padre, minacciando di morte colui che aveva rubato la figlia.
Trovata la coppia, l’obiettivo era mettere tutto a posto, passando direttamente alle nozze riparatrici, legalizzando l’unione e costringendo il futuro marito ad assumersi tutte le responsabilità. Una cerimonia molto semplice e strettamente religiosa: niente inviti, niente pranzi o abiti da sposa, solo pochi parenti e un prete.
Malgrado tutto, la tipica fuga d’amore siciliana rimane una delle espressioni più romantiche dell’amore: andare contro tutti pur di rimanere insieme per tutta la vita.
